Chi ha avuto la fortuna di gustare un Pagnottiello, sa di cosa stiamo parlando. Mentre gli altri, coloro che un pagnottiello non lo hanno mai addentato, troveranno in questo articolo il modo, quanto meno, di gustarselo con la mente.
Quando si parla di profumi, sapori, fantasia e creatività in cucina, Napoli è sicuramente una delle capitali non solo in Italia ma in tutto il mondo. Tanto da poter esportare in ogni parte del pianeta cibi e prodotti nati dalle mani di sapienti massaie, che hanno saputo dare un’anima alla passione per le cose buone. E il pagnottiello, non c’è dubbio, rientra sicuramente fra quei biglietti da visita che nel mondo, apriranno sempre le porte alla cucina italiana.
Nella vulgata il pagnottiello tende ad essere spesso confuso con altri prodotti della cucina napoletana: tortano, panino napoletano, casatiello, tanti nomi che vengono utilizzati, non proprio a proposito, per definire una delle prelibatezza della tradizione culinaria napoletana.
Ma il pagnottiello cos’è veramente?
La verità è che questa confusione deriva dal fatto che il pagnottiello ha un impasto che lo rende molto simile agli altri due giganti della focacceria napoletana: il casatiello e il tortano appunto. Acqua, farina, uova, lievito e un ripieno che, come vedremo, non risparmia nulla in termini di gusto e sapori.
In questo caso però, le sue dimensioni lo rendono decisamente più agevole per un consumo senza troppi formalismi. Così come dall’altro, il suo aspetto e il suo nome potrebbero richiamare quello del panino napoletano a cui si sovrappone per sofficità e forma.
Ma è ciò che si usa per l’imbottitura che distingue il pagnottiello dal panino napoletano e che in verità lo riavvicina al tortano e al casatiello. A loro, il pagnottiello, è accomunato dal gusto unico conferito da quel mix di salumi e provolone che costituisce la sua gustosa anima.
Gli ingredienti, infatti, sono sempre i soliti che si trovano un po’ in tutte le preparazioni di questo tipo: salumi, provola, uova sode e, nelle versioni più aderenti alla ricetta più tradizionale, i cigoli o ciccioli a seconda della regione italiana in cui ci si trova. Si tratta, ovviamente, di quei pezzi di carne che derivano dalla lavorazione della sugna e che diventano un elemento distintivo di genuinità e sapore e che spesso, soprattutto nelle tradizioni culinarie più settentrionali, vengono gustati da soli come fossero dei piacevoli snack.
A Napoli non è raro trovare il pagnottiello nei bar o nelle rosticcerie. Eredità di un’antica tradizione che inizia, come tutte le migliori prelibatezze, sui tavoli delle cucine casalinghe dove il pagnottiello, allo stesso modo dei suoi “fratelli” pasquali, era il risultato di un recupero assai gustoso e sostanzioso degli avanzi del pranzo pasquale. Una cultura del riutilizzo creativo, che in Italia, ma soprattutto a Napoli, ha rappresentato e continua a rappresentare da sempre lo spirito di chi si dedica alla preparazione di piatti e specialità che sono entrati di diritto nel pantheon dei cibi simbolo di un luogo e di un territorio.
Oggi la sua versione è ovviamente il frutto di una sapienza che si è fatta gusto per 12 mesi all’anno ed esula, pertanto, dai giorni di Pasqua, tanto che è ormai possibile trovarlo non solo a Napoli ma anche in altre città che hanno “importato” e adottato il pagnottiello, soprattutto al sud e centro italia. A Roma ad esempio, ormai da qualche tempo è possibile trovarlo in diversi locali (noi consigliamo il Ristorante Pizzeria Prati) a riprova di un successo e di un apprezzamento che è destinato a diventare vero e proprio trend culinario. Complice un gusto coinvolgente e un aspetto accattivante, il pagnottiello inizia a farsi spazio un po’ ovunque, candidandosi a diventare una piacevole e gustosa alternativa alla solita pizza al taglio o a tutto ciò che solitamente rende gustoso un break o le proprie pause pranzo fuori casa.
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