Sono contrario a trasformare i prigionieri del Fidelio nei relitti di Auschwitz o nei desaparecidos argentini, non bisogna confondere i simulacri della modernità con i segni dell’arte. All’arte si risponde con l’arte, non con la cronaca.
(toni servillo)
Una storia vecchia, la relazione tra potere e cinema. Il potere sguazza nei film che creano consenso, chi va in una direzione contraria, Ladri di biciclette, Il caso Mattei, Le mani sulla città, dà fastidio. I manovratori delle coscienze sanno che il cinema può orientare il consenso.
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L’unico luogo che forse potrei scambiare con Napoli è Milano, l’altra grande metropoli italiana.[4]
Questa società il dubbio vuol metterlo da parte, perché preferisce la certezza e il fare; mentre il dubbio è riflessione, ricerca di autenticità.
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Fellini con La dolce vita che doveva intitolarsi La grande confusione, guardò Roma dolcemente appoggiato a una balaustra e vide un’Italia che viveva sulla spinta del rilancio dopo la guerra.
(toni servillo)
[Bagheera] è proprio quel genere di maestro che ognuno di noi avrebbe voluto avere nella sua vita. La pantera fiancheggia la crescita di Mowgli, gli indica la strada, gli fa da faro con la sua esperienza, insegnandogli a stare in piedi con forza sulle sue stesse gambe.
(toni servillo)
Ho potuto notare che Kingsley dava al personaggio quella nobiltà che traspariva nel suo accento marcatamente inglese. Con l’italiano non è possibile ottenere questo effetto, quindi ho iniziato a pensare a come rendere elegante Bagheera. Per questo ho deciso di andare verso una direzione che mirasse a creare intorno a Mowgli, quel senso di attenzione e di responsabilità che caratterizza la pantera.
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Baghera è la guida severa del protagonista, più ligio alle regole, cerca di dargli una strada da seguire.[10]
Con una ovvietà potremmo ricordare che le tre grandi lingue del teatro sono il veneto, il napoletano e il siciliano. Lingue che consentono di rappresentare comportamenti, allusioni, doppi fondi capaci di alimentarsi nel gesto, come accade nell’inglese di Shakespeare.
(toni servillo)
La mia origine è schiettamente campana. Ma mia moglie ha radici paterne in una Sicilia rurale, poco raccontata, quella di Roccella Valdemone, quattro case, meno di 700 abitanti, fra paesaggi poco conosciuti. Si vede l’Etna dalla piana di Randazzo. E sembra il Fuji soprattutto quando i pendii sono innevati, ma attraversati da sciare infuocate. Una piana fertilissima, verso Randazzo. La vegetazione, i noccioleti, le gole dell’Alcantara, un incanto.
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Pirandello è lo scrittore che ha traghettato la letteratura italiana nella modernità. E che da un paese sperduto della Sicilia, piazzato di fronte all’Africa, ha anticipato in Europa temi, tecniche di scrittura e di rappresentazione capaci di essere fondamentali per gli scrittori, gli autori, i registi di oggi. Perché irrompe Pirandello e cambia il modo di fare teatro. Stiamo parlando dell’uomo di teatro che ha anticipato le linee guida della regia moderna, più in Europa che in Italia. E nel corpus delle novelle troviamo un universo così complesso da provare la sensazione quasi di perdersi.
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Quella siciliana sta al centro della amata letteratura speculativa meridionale. Nella mia formazione incidono De Roberto, Tomasi di Lampedusa, Sciascia, Consolo, Brancati. E Brancati sta sopra tutti. Il più grande. Anche per la lingua di assoluta bellezza. Cosa che non si può dire di altri. [«Non si può dire di Sciascia?»] Non mi permetterei mai di azzardare confronti affettati, ma in Brancati ho sempre colto la cifra del grande narratore, più chiaro. Sciascia ha attraversato le forme del romanzo proponendo nella struttura l’aspetto pamphlettistico o saggistico. Ma lo stesso Sciascia diceva che a Brancati non veniva riconosciuto spazio adeguato. Come conviene anche Roberto Andò, un amico di Sciascia, un ponte fra me e Sciascia, lo scrittore di Racalmuto capace di nutrire il romanzesco di inchieste sul sociale.
(toni servillo)